L'ORRIDO DI PONTE ALTO: FINESTRA SU UN FRAMMENTO DI TERRITORIO INCONTAMINATO

L’orrore che si prova di fronte ad un certo oggetto è una forte paura o spavento che attanaglia e coinvolge le emozioni e i sentimenti. L’orrido è invece un brivido che corre giù per la schiena, una sorta di repulsione che svela anche il suo lato di attrazione. Come certi film visti da giovane – oggi farebbero sorridere –, basati sull’orrido e sul macabro: volevo fuggire ma nello stesso tempo ero legato alla sedia, volevo vedere come andava a finire e così, nonostante fossi consapevole fin da subito che quella scena l’avrei rivissuta per notti e notti, rimanevo lì, con lo sguardo incollato allo schermo. Ebbene, tale emozione forte l’avevo provata quando mio padre mi aveva portato all’Orrido di Ponte Alto, lì dove il torrente Fersina si getta sulla città di Trento, compiendo un notevole salto di roccia. In quel luogo le acque si restringono improvvisamente e, dopo milioni di anni, hanno scavato una gola talmente vertiginosa da procurare stordimento. E pensare che poche centinaia di metri a monte si faceva il bagno, anzi, molti ragazzi di Trento imparavano a nuotare proprio lì. E quante volte l’occhio veniva attratto da quell’enorme buco nero dove le acque sparivano improvvisamente e rumorosamente, con il terrore di finirci giù, di non riuscire a fermarsi in tempo. Quante rinunce ai bagni, quante prese in giro dagli amici che ti rinfacciavano l’incapacità di superare la paura, come se da questo timore dipendesse il tuo diventare adulto o meno, novello rito d’iniziazione dei ragazzacci del rione San Giuseppe di Trento, quelli dei tanto screditati “Casoni” di via Vittorio Veneto.
A distanza di più di cinquant’anni, l’apertura straordinaria nel periodo natalizio mi ha permesso di ritornare in quell’orrido e ho voluto scendere le scale per rivivere quel senso di struggimento terrificante che avevo provato da piccolo (inutile dire che immediatamente mi è tornata alla mente e balenata davanti agli occhi la figura atroce, ghignante e inumana del pagliaccio di “It”, il romanzo capolavoro di Stephen King).
Per molti anni questo lembo di territorio urbano immerso nella natura è stato interdetto al pubblico per motivi di sicurezza. Ora, rifatte le scale, il balconcino che ci permette di andare proprio sotto una delle cascate, rimaneggiato l’intero luogo per metterlo in sicurezza, si può accedere con delle preparatissime guide dell’Ecomuseo Argentario che spiegano la storia, la natura, i cambiamenti geologici che si possono leggere sulle pareti strapiombanti e gli elementi che lo rendono un unicum nella nostra regione. Un viaggio a ritroso nel tempo, una riscoperta della forza della natura, quella più aspra e forte, una finestra spalancata su un frammento di territorio rimasto incontaminato nel corso dei secoli. Soprattutto lo scendere le scale per inoltrarsi nel ventre della gola, in questo canyon impreziosito dalle decine di colori della roccia, mi ha fatto assaporare di nuovo la paura e l’emozione dell’altezza, del vuoto, della verticalità, di quell’acqua che scorre impetuosa cercando di attirarti giù con lei, per trascinarti nel buio dell’ennesimo salto nel vuoto. Una sorta di attrazione/repulsione che mi ha fatto rivivere le emozioni di quand’ero piccolo, come se il tempo non fosse trascorso. Ad un certo punto ho dovuto smettere di guardare verso il basso e dire alla guida “Mi scusi, ma risalgo”.
L’orrido ha una sua componente molto forte di richiamo rovinoso: incanta, strega ed affascina, nonostante un nodo salga alla gola, e provi il terrore di cedere e gettarti dentro questo labirintico richiamo fatto di rocce, acque impetuose e rumori assordanti. Mancano soltanto le sirene incantatrici per chiudere il quadro terrificante dell’“Orrido”. Inutile dire che la sua visita è di quelle da non perdere: fin dal 1800 la forra ha incantato non solo gli abitanti di Trento ma anche i visitatori che transitavano per la strada soprastante diretti in Valsugana e a Venezia.
Qui nel 1500 sono state costruite alcune delle opere idrauliche più antiche del mondo, per scongiurare le alluvioni in città (gli sbarramenti per mitigare la forza dell’acqua sono in parte ancora quelli del principe vescovo Cristoforo Madruzzo). Le due briglie danno origine a spettacolari cascate alte oltre 40 m che si fanno strada tra gli strati di roccia rossa, creando scenografici giochi di luce.
Info: aperto tutti i giorni dalle 9.00 alle 19.00; visite guidate – che consiglio per la bravura e la capacità di trasmettere le conoscenze di questi giovani dell’Ecomuseo Argentario – sabato e domenica ogni ora (prima visita ore 10.00, ultima ore 18.00). Adulti € 5, bambini € 3. Tel. 0461.216000, www.ecoargentario.it